Non voglio ancora soffermarmi sulla deprecabile brutalità che le forze dell’ordine hanno riservato agli inermi, quanto determinati, manifestanti alla stazione di Avigliana, che si opponevano al tanto assurdo quanto pericoloso passaggio delle scorie radioattive.
Vorrei raccontarvi la storia di chi quella notte ha voluto indagare, capire, documentare e denunciare quanto stava accadendo all’insaputa di quel milione circa di persone che stava nel raggio di 3 km dal passaggio del carico radiattivo, a cosa ha assistito e a cosa è andato incontro.
Anche se prima vorrei ancora fare una riflessione sulla differenza umana e morale che passa tra chi dalle libere frequenze di Radio Blackout ha regalato la possibilità di non rischiare la propria salute a tante persone (anche a coloro che detestano gli attivisti, i No Nukes, i No TAV, gli anarchici, gli squatter, gli autonomi, i libertari, i redattori di Radio Blackout, …), informando giorni prima e poi segnalando in diretta per tutta la notte gli spostamenti del convoglio, mentre chi governa invece si preoccupa di tutt’altro, del profitto proprio e degli “amici”, anzichè della tutela della salute e delle sempre più scarse risorse pubbliche e riesce poi a riempire Torino di campeggi di ciucchi molesti con la penna in testa (chi scrive è antimilitirarista, i militaristi che leggono possono anche smettere e starsene tranquilli, che plutonio e uranio impoverito sono in lavorazione, pronti a disintegrare migliaia di civili inermi, bambini innocenti compresi, e ci sono ancora circa 24.000 anni di tempo perchè ciò accada!); e soprattutto poi c’è una bella differenza etica e professionale che passa tra chi rischia in prima persona oltre che la propria salute, qualche centinaio di euro di attrezzatura e pure la repressione dello stato per documentare quello che realmente succede e chi nasconde la realtà ed inganna i propri lettori (a questi auguro che la storia li possa smaltire anzichè riprocessare, e se vogliono capire il mio augurio si vadano finalmente a studiare cosa accade all’impianto Areva di La Hague); chi viene pagato per informare, anzichè raccontare i rischi, i costi e le vere motivazioni di questi trasporti, andata e RITORNO, si preoccupa solo di chi manifesta: di chi vorrebbe evitare se non un disastro, almeno l’ennesimo spreco di denaro pubblico.
C’è differenza tra chi cerca di risvegliarle le coscienze a chi le vuole definitivamente assopire nel sonno della ragione, tra chi non ha proprio nulla da nascondere e viene trattato da criminale mentre chi fa rischiare il disastro nucleare quando organizza questi trasporti, come un criminale ha evidentemente tutto da nascondere.
Potrei raccontarvi di chilometri di linea ferroviaria non presidiati, di situazioni di grave rischio per la sicurezza proprio in uno dei quartieri più abitati di Torino, si fan guerre in Afganistan contro i terroristi per poi regalargli situazioni tanto pericolose dentro una metropoli!
Non sarà l’intrinseca pericolosità della tecnologia nucleare ad essere veramente criminale più che il fattore umano che la mette in atto pro o contro il suo simile? Sempre che possa esserci un pro in una tecnologia che, conti alla mano, consuma più energia di quella che produce (mai nessuno che quantifichi i costi energetici del mantenimento in sicurezza delle scorie per decine di migliaia di anni almeno!).
Alla prefettura di Torino dormono sonni tranquilli, finchè per i 200 “cattivi” che stanno seduti sui binari della stazione di Avigliana a cantare “quel mazzolin di fiori” bastano 500 agenti per riempirli di botte e per i 40 della volta prima, oltre che le botte, anche le denunce e per due, che evidentemente erano i più “cattivi”, oltre le botte e le denunce, anche due settimane di carcere.
Finchè chi lavora nel settore trasporti e sicurezza non solo si presta a rendere possibile tutto ciò, ma va ben oltre quello che il mestiere evidentemente gli impone, come quel pompiere fermo vicino ad una colonna di quattro mezzi dei vigili del fuoco, a qualche centinaio di metri dalle decine di mezzi della stazione di Avigliana nel delirio più totale, alla domanda “ma che cosa è successo?”, mi risponde “niente, un esercitazione!”; mi piacerebbe sapere se è una sua iniziativa personale o glielo ordina qualcuno di negare l’evidenza.
Questa volta ho pagato l'”errore” di voler stare vicino ai miei compagni alla stazione di Avigliana per provare a rilevare quanto fosse davvero radioattivo quel treno e documentarne l’eventuale pericolo, e solerti agenti hanno impedito che potesse aver successo questa mia impresa; peccato, sarà per la prossima volta.
Una soddisfazione mi resta, quando il “beep-beep” del misuratore di radiazioni ha fatto esclamare all’agente di aver trovato chissà quale prova di colpevolezza a mio carico mentre passava il convoglio di scorie ed in tutta semplicità gli ho risposto: “quello serve a misurare le radiazioni, voglio sapere quanta radioattivita mi prendo, io, dovreste averli pure voi, metti che tra 10 anni vi viene un tumore, magari così sapete il motivo”, quasi mi è sembrato di leggere nel suo sguardo l’improvvisa paura per la radiazione nucleare, forse diventando finalmente consapevole della situazione in cui si trovava: a pochissimi metri da un treno pieno di scorie radioattive che era appena passato.
Sembra davvero strano, anche se proprio non era mia intenzione, in quel momento oltre a provare a tutelare la mia salute, almeno sapendo quante radiazioni mi prendevo, avrei potuto tutelare la salute anche degli agenti, che forse pochi minuti prima avevano picchiato amiche e amici e che mi circondavano ansiosi di trovare qualcosa che mi incriminasse, ma a quanto pare senza riuscirci.
Forse che quando si va pure contro la legge, non avvisando i cittadini dei pericoli a cui sono esposti, pur di tenere nascosti questi trasporti, una foto e la cronaca in diretta sui 105.25 FM di Radio Blackout diventano atti “eversivi” (per la misura della radiazione dovrete aspettare il prossimo treno, per altri particolari di quella sera magari un altro testo che questo è già lungo abbastanza); questa è la parte che ho voluto fare quella notte, ringraziando chi l’ha resa possibile con la diretta dalla sede della radio e ovviamente chi si è preso la parte di botte che avrei dovuto prendermi pure io alla stazione di Avigliana.
Per la redazione di Radio No TAV, Stefano