Tanti, tantissimi. Tantissimi e arrabbiati. Salvini arriviamo!
Doveva succedere prima o poi e finalmente è successo. Prima o poi qualcuno si sarebbe incazzato e così è stato. Mamme migranti col passeggino, abitanti del quartiere, balonari, centri sociali e case occupate, Riders in bicicletta e gente che si arrangia, che fa i “lavoretti”. Non la Cit Turin madamina, ma la Torino dei quartieri popolari. Torinesi e provinciali. Gente da tutta Italia. Tanti giovani, quelli che non vedi mai ai cortei.
E tutti che hanno capito una cosa. Non si difende solo “questa” casa occupata, le sue parole d’ordine. Si difende un simbolo ma si difende soprattutto un’idea. Non siamo “anacronismi” come dice il questore Messina o “teppisti” come vuole Salvini. Siamo il corpo vivo della società che non accetta la direzione in cui vanno le cose.
Partendo da una piccola questione certo, che si chiama quartiere Aurora, Torino, pianeta terra. Quartiere dove centri direzionali, scuoline d’autore, mercati di lusso, bar da “movida” e destinazione turistica sostituiscono il Balon, i panettieri, i bar da dopolavoro, le officine, le case e gli affitti contenuti.
Una questione che non tocca solo l’Asilo occupato, non tocca solo quel quartiere. E non tocca solo gli italiani.
Lo sgombero dell’Asilo, offerto dal questore Messina al ministro dell’interno, parte da un’inchiesta sulla lotta ai lager per migranti. Qualcosa che chi non ha permesso di soggiorno, o per non perderlo accetta qualsiasi condizione di lavoro, conosce bene. Qualcosa che conosce bene chi decide di attraversare le “montagne del me piemont” perché questo governo ha tolto il permesso di soggiorno umanitario, illegalizzando migliaia di persone con un colpo di penna.
In questa convergenza si spiega la perfetta assonanza tra l’amministrazione cittadina di Chiara Appendino e il ministro del terrore, Matteo Salvini. Voci che si fondono, dal pasionario pro Tav Esposito, al senatore Airola, ai marrone e alle Alessi (fdI). Il governo 5 Stelle – Lega ormai ha fatto abbastanza perché possa essere giudicato dai fatti, e non da parole e slogan. La pacchia è finita: ma stavolta lo diciamo noi. C’è una nuova generazione che a tutto questo ha deciso di opporsi, e finalmente la rabbia esplode e si fa concreta.
A chi finge di indignarsi per le vetrine della Smat, che taglia l’acqua ai morosi, o per le macchine dell’Eni, sporche di sangue e di petrolio, lasciamo i giornali benpensati e gli slogan delle “madamine”.
Abbiamo troppa umanità per preoccuparci di quattro vetrine. Ci auguriamo sia solo l’inizio.