La ripresa dei lavori del TAP è attesa a giorni
Come previsto, terminato il periodo turistico salentino, sembra che la ripresa dei lavori avverrà a giorni. Diversi i segnali che lo fanno sospettare, dall’aumento degli effettivi nella caserme, ad una aumentata attività di pattugliamento nelle zone coinvolte dai prossimi lavori, all’arrivo di nuovi jersey. Come già a Chiomonte, anche qui i passi da compiere per portare avanti l’opera si stabiliscono nelle caserme: sono infatti le forze dell’ordine a decidere come, quando e dove procedere con nuovi lavori. Ecco quindi emergere il ruolo di chi già è stato operativo a Ventimiglia, per “gestire l’emergenza” migranti, e chissà se il “nostro”(sic) Pieroni, arrivato fresco fresco da Susa, non avrà anch’egli un ruolo.
Vecchie giustificazioni per nuove opere
L’ineluttabilità dell’opera si giustica sempre con lo scaricabarile del finanziamento europeo, oppure con presunte necessità strategiche o geopolitiche: tutto falso come al solito, buono però per fare propaganda. Ricadute positive per i paesi attraversati non ce ne saranno, dato che il gas non servirà i paesi attraversati. Allo stesso modo, la tanto propagandata concorrenza al gas russo è solo un trucco: l’entità dei giacimenti azeri è tutta da confermare. Gazprom sta già firmando accordi separati con la Turchia per rifornire di gas un tubo che altrimenti sarebbe quasi vuoto.
Che fare
Il cantiere TAP è un’opera “piccola” se la paragoniamo a quella decennale di Chiomonte. Questo significa che per fermarlo non si potrà aspettare troppo. Come spesso accade, l’inizio della lotta ha tentato anche le vie dei ricorsi legali, che sono stati respinti, anzi in alcuni casi, come la sentenza del TAR che imponeva la sospensione dei lavori, ha tratto in inganno gli attivisti. Proprio questa sentenza aveva fatto abbassare la guardia del presidio del cantiere facilitando così un colpo di mano nell’espianto degli ulivi.
Consapevoli di questi passaggi i No Tap si trovano alla ripresa dei lavori armati di maggior consapevolezza e pronti al tutto per tutto per fermare camion, ruspe, abbattimenti, asfalto e cemento. Riportiamo qui di seguito un aggiornamento che ci hanno inviato nei giorni scorsi e invitiamo a tendere le orecchie e stare pronti a raggiungere il posto, se possibile.
SU TAP
COS’È, COSA È STATO FATTO, COSA STA PER ACCADERE
COSA È TAP?
Trans Adriatic Pipeline non è che uno dei tratti che compongono il cosiddetto corridoio meridionale del gas, un’infrastruttura finanziata per 45miliardi di dollari dalla Banca Europea per gli Investimenti e lo Sviluppo. L’opera è considerata strategica dall’UE e dal Governo italiano poiché, si dice, riuscirebbe a diversificare l’offerta energetica strappando quote di mercato al monopolio russo di Gazprom.
Solo per inciso qui si specifica come questo monopolio non sia affatto minacciato: la capacità di trasposto del gas di questo corridoio è talmente bassa che, paradossalmente, potrebbe richiedere l’implementazione proprio da parte di Gazprom. Intanto i russi hanno già sottoscritto separati accordi per la fornitura di gas alla Turchia, attraverso la stessa tubatura finanziata dall’UE.
Il gasdotto in progetto parte dall’Azerbaijan, dal giacimento di Shah Deniz II, sulle coste del mar Caspio per collegarsi a pipeline già esistenti o in via di costruzione. Nello specifico all’SCF in Georgia, al TANAP in Turchia e al DEFSA greco che dovrebbe collegarsi al tratto trans adriatico TAP.
Nel tratto italiano il gasdotto si dovrà connettere alla rete di distribuzione nazionale del gas (SNAM) per raggiungere, infine l’Austria. Ad eccezione della Turchia che dovrebbe essere fornita di 6 miliardi di metri cubi all’anno (dei 16 mld totali previsti), nessun paese interessato dall’attraversamento usufruirà del gas, con ciò smentendo la propaganda di TAP che suggeriva immediati benefici in bolletta.
L’opera nella sua interezza dovrebbe essere completata entro il 2020 ma al momento solo piccole sezioni del percorso sono state ultimate, mentre i lavori procedono a rilento o sono del tutto bloccati soprattutto nel tratto turco. Infine si deve rilevare che la presenza di gas alla fonte, cioè nel giacimento azero, sia tutta da verificare, ed è stata messa in dubbio da recenti studi.
Qui si parla, quindi, di un progetto partito e finanziato sulla base di stime ipotetiche.
COSA ACCADE NEL TRATTO ITALIANO?
Una volta approdato sulla costa italiana, il tubo dovrebbe perforare un breve tratto di terra e sbucare negli uliveti a ridosso della spiaggia di San Basilio, nel comune di Melendugno.
Qui TAP ha dato modo di far conoscere alla gente del luogo la sua arroganza e la sua prepotenza recintando una vasta zona olivetata e procedendo con sorprendente rapidità all’espianto di 211 alberi. Questa operazione è preliminare alla costruzione di un “pozzo di spinta”, struttura sotterranea che dovrebbe ospitare, all’interno di una grande vasca di cemento, dei compressori che spingerebbero il gas fino al vero e proprio impianto industriale di ricezione, situato 8 km più avanti. Lì, all’incrocio fra 4 paesi -un’area con una popolazione di 25.000 abitanti- dovrebbe sorgere un’area industriale vasta 12 ettari, con quantità notevoli di emissioni nell’aria attraverso quattro camini di sfiato, costruzione di strade di servizio e, naturalmente altre centinaia di eradicazioni.
OPPOSIZIONE E RESISTENZA
Dalla metà alla fine di marzo i mezzi di TAP hanno lavorato con molte difficoltà: le strade di accesso al cantiere sono state barricate utilizzando grosse pietre, ramaglie e le stesse cancellate che sormontavano i jersey di recinzione del cantiere. Un dispiegamento eccezionale di forze dell’ordine è confluito a Melendugno dalle questure e dalle caserme di mezzo sud Italia per garantire la prosecuzione dei lavori che avveniva sempre dietro la protezione degli scudi e dei manganelli delle forze dell’ordine.
Il 1 aprile TAP ha diffuso attraverso i media locali e nazionali la notizia di un periodo di sospensione dei lavori. Era una trappola, tesa per scoraggiare l’organizzazione della resistenza. Infatti, già la notte del 1 aprile, i mezzi si erano arrivati al cantiere completando i lavori di espianto con la protezione delle forze dell’ordine che non hanno risparmiato la violenza dei manganelli su tutti i presenti, a difesa degli interessi della multinazionale. Scenari da guerra inediti per tanti manifestanti che da quella notte hanno cominciato a prendere consapevolezza della reale funzione della polizia nella realizzazione del progetto di TAP.
Dopo quel colpo di mano si è diffusa con straordinaria rapidità la coscienza che lottare contro il gasdotto avrebbe richiesto un’azione auto organizzata e non ci si sarebbe più potuti appellare alla delega istituzionale.
Da quel momento, i lavori sarebbero stati sempre rallentati o disturbati dai più vari stratagemmi e dopo una prima reazione di sconcerto e presa di distanza dagli atti di resistenza più “forti” da parte di alcuni no tap moderati, si è scelto per l’assunzione della responsabilità collettiva della resistenza.
Alla domanda “chi è stato?” si rispondeva che era stato il vento di tramontana, si sa, molto potente da queste parti.
Il 27 aprile per la seconda volta TAP ha giocato l’effetto sorpresa: in barba ad una sentenza del TAR che imponeva la sospensione dei lavori, le ruspe sono arrivate al cantiere per sgomberare le barricate e per completare l’opera di espianto degli ulivi ancora rimasti a terra. Questi ulivi, lasciati all’interno del cantiere in dei vasi, sarebbero stati trasportati in vivaio con un altro bliz notturno, il 4 luglio.
Questa volta la questura -da poco in mano allo sceriffo Leopoldo Laricchia che già seppe gestire manu militari, l’emergenza migranti al confine di Ventimiglia- ha blindato tutte le strade di accesso con uomini in antisommossa per consentire ai camion di TAP di trasportare per pochi chilometri una decina di alberi.
Non potendosi avvicinare al cantiere gli oppositori hanno cercato di rallentare i mezzi: la strada è stata occupata dai pedoni e qualche camion ha perso un fanalino o si è ritrovato le ruote tagliate.
E ORA SI RICOMINCIA?
Al momento la Comunità Europea dovrebbe rifinanziare le fasi successive dell’opera riservandosi di farlo previo accertamento della prosecuzione dei lavori. Intanto, un ultimo tentativo di fermare l’opera attraverso interventi istituzionali si è rivelato fallimentare: il ricorso opposto dalla Regione Puglia è stato respinto dalla Corte Costituzionale
Dunque, dopo un periodo relativamente lungo di tregua ci aspettiamo che a giorni TAP riprenda le operazioni, molto probabilmente con la consueta modalità della militarizzazione e dei blitz.
Non è dato sapere quando e dove questi riprenderanno ma si osserva che nelle zone interessate i movimenti si fanno più intensi e le forze dell’ordine sono avvistate con sempre maggiore frequenza in attività di perlustrazione o di scorta a mezzi pesanti che arrivano nell’area del cantiere o in zone adiacenti. Numerosi nuovi jersey sono stati stoccati in deposito e altro materiale è stato portato in zona. Ovviamente le informazioni di cui siamo a conoscenza provengono da fonti informali e spesso sono “carpite” nei modi che si possono immaginare.
Sappiamo che i tempi a venire saranno difficili e impegnativi; sappiamo che gli interessi che stanno dietro questo tratto di gasdotto sono enormi e sappiamo che lo Stato userà ogni mezzo necessario per metterci fuori gioco. Sappiamo pure però che questo mostro non è inaffrontabile e l’opposizione sempre più determinata e schietta che in questi mesi si è realizzata rappresenta una possibilità futura. Quella di riuscire ad organizzarsi con intelligenza e autodeterminazione, fuori da ogni illusione di protezione istituzionale, contro la violenza degli stati e del mercato. Ogni blocco, ogni piccola azione di disturbo e resistenza, ogni azione di solidarietà è la prova che lottare è l’unica possibilità per non essere servi.