“La Campania è stata negli anni un sito di sversamento di rifiuti industriali di un potere mafioso, industriale e politico con la collusione dello Stato. Abbiamo subito tanti lutti infantili in età pediatrica. Noi madri ci siamo unite insieme ad altre associazioni per capire cosa fare…” Con queste parole inizia la testimonianza che abbiamo raccolto durante il corteo del 6 maggio. La storia della lotta al Biocidio, una situazione ambientale incompatibile con la vita frutto del mondo di oggi, dove risparmiare qualche euro permette di rimanere a galla nel mercato mondiale, il mercato dove le merci si spostano veloci, mentre le persone ne subiscono tutti i “costi” di produzione.
Oltre a descrivere la situazione, denunciando lo stato di aggressione totale e permanente ad ogni forma di vita, il racconto dell’autorganizzazione dal basso per la prevenzione e l’analisi medica, la ricerca di legami con altre associazioni e realtà anche fuori dal territorio, con continui incontri pubblici, l’origine del nome “terra dei fuochi”, giornalisticamente efficace ma che non descrive esattamente il problema, cioè i fumi tossici che continuano a impestare l’aria, più pericolosamente immediati dei residui tossici interrati nei terreni.
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